• Home
  • Il Club
  • Il Professor Giandomenico Amendola al Rotary Club Trani 12 giugno 2018

Il Professor Giandomenico Amendola al Rotary Club Trani 12 giugno 2018

IMG_0019.JPG

IMG_0019.JPG
Elevata cultura e interessantissimi punti di vista nella serata del Rotary Club Trani che ha avuto come protagonista il Professor Giandomenico Amendola, Ordinario di Sociologia Urbana presso la Facoltà di Architettura della Università di Firenze. Introdotto dal nostro Presidente Giuseppe D'Angelo, il Professore ha proposto un brevissimo estratto del suo libro “Le retoriche della città”, iniziando con una domanda: cosa sta succedendo nelle nostre città? Le nostre città stanno cambiando sotto i nostri occhi, con una velocità spaventosa. Infatti, siamo generalmente portati a pensare che il futuro provenga dal passato, specie per quanto riguarda le città, ma questo non è più vero. Oggi, è necessario “reinventarsi” sempre più spesso e scegliere il proprio futuro: ciò vale anche per le città. Abbiamo sotto gli occhi numerosi esempi di questa trasformazione in luoghi come il Lingotto o la Bicocca, luoghi un tempo di fabbriche e ora di Università.

 

Negli Stati Uniti abbiamo città un tempo degradate, come Detroit, chiamata la “rust belt” (un posto arrugginito), oggi rinata o Pittsburgh, che era la città dell'acciaio, inquinatissima, che ha vinto di recente un premio per l'aria più pulita degli Stati Uniti. Che cosa sta facendo cambiare la situazione delle città? La globalizzazione e la de-installazione, ovvero il trasferimento in altri Paesi di produzioni industriali. Per rimanere nel tema automobili, un tempo erano prodotte a Torino o appunto a Detroit, mentre adesso sono state spostate in altri angoli del mondo. Esiste oggi anche una sfida per le città, perché devono attrarre abitanti, investitori e visitatori. Come diceva Italo Calvino, “di una città godi solo della risposta che dà alle tue domande”. Ora, quindi, è la città che deve adattarsi al pubblico, perché ci sono molte più città che abitanti e per ottenerli, la città deve investire in marketing. Un tempo, le città si plasmavano in funzione della loro storia o dell'immagine che volevano proiettare. Ad esempio, Washington, come capitale, fu costruita su espresso desiderio dell’omonimo Generale come un luogo che fosse impressionante per gli ambasciatori che la visitavano. Mussolini capì che doveva impressionare la popolazione con il cinema e con l'architettura, da cui gli edifici tipici del “regime”, con in testa l’EUR. Un altro esempio di retorica della città è il Ring di Vienna, con gli edifici che lo circondano costruiti ciascuno in uno stile diverso, secondo la sua specifica destinazione. Analogamente, a Bari, il lungomare fu inventato dal fascismo, per incapsulare la città vecchia, nasconderla e fare in modo di poter arrivare a San Nicola senza passare appunto dalla città vecchia. Oggi, per costruire il futuro di una città, sono necessarie tre risorse: denaro, 

tempo e consenso, perché più la città è destinata a cambiare, più deve farlo tramite il consenso, cioè tramite il soddisfacimento dei bisogni dei suoi abitanti e di chi la visita. Nasce così la “retorica della città” e ne esistono varie: la cultura, la creatività, la prossimità e l'interazione. Tra le tante, ci possiamo soffermare sulla famosa “smart city” che è il grande business delle multinazionali, oppure sulla famosa “città sostenibile” che è, in realtà, un po' uno specchietto per le allodole, perché anche la città sostenibile consuma moltissima energia. Aggiungiamo, inoltre, che la città non deve solo rispondere ai bisogni, ma anche ai desideri dei suoi abitanti e così ci spostiamo in un territorio affidato ai sentimenti, alle sensazioni, come la bellezza. Nella sostenibilità bisogna fare in modo che le esigenze di tutti siano sullo stesso piano e qui accenniamo al fatto che si parla tanto di tolleranza e integrazione, ma bisogna tener presente che spesso la tolleranza non è altro che educata indifferenza e che l'integrazione è solo assimilazione a un modello pregresso. Bisogna quindi procedere su questo piano con molta cautela, perché anche la democrazia si fonda sulla retorica, così come sul tentativo di creare consenso. Già cinquanta anni fa esatti, nel 1968, Henry Lefebvre parlava di “diritto alla città” e per ottenerlo, molto probabilmente, la strada migliore è quella di creare il consenso attraverso la mediazione, una posta in gioco importante, essendo forse la chiave per una vita migliore per noi tutti. Infatti, come diceva il filosofo tedesco Walter Benjamin, “la città di qualità è quella in cui è bello indugiare”. Fin qui il Professor Amendola, che ha suscitato con il suo intervento, sinceri e vasti applausi, avendoci coinvolto in concetti illuminanti e modernissimi. A commento, il nostro Presidente, Giuseppe D'Angelo, ha richiamato l'attenzione sulla necessità di mettere al centro dello sviluppo, anche di Trani, il cittadino. Sono seguite alcune domande poste al Professore dai presenti. Lucio De Benedictis ha chiesto come si conciliano questi concetti con le normative esistenti. La risposta è stata che siamo di fronte a grandi inadeguatezze degli strumenti, anche perché, specialmente qui in Italia, siamo vittima dell'illusione che si possa combattere la corruzione con la Legge. Purtroppo, come si usa dire, “oggi è meglio avere un amico che è un diritto”, infatti, l’aumentare delle leggi contro la corruzione, paradossalmente genera altra corruzione. Ugo Operamolla, poi, ha fatto una domanda articolata in due parti. Come si rapporta la città al territorio non essendo essa “una monade” e nasce prima la norma o il consenso che genera la norma? Secondo il Professor Amendola la risposta si può trovare nell'“Allegoria del buon governo” dipinto da Ambrogio Lorenzetti nel 1309 a Siena. Bene, solo guardandola si comprende che siamo davanti a un regolamento edilizio dipinto, perché questo è stato fatto prima delle costruzioni, soddisfacendo il desiderio dei mercanti che dominavano la città, che volevano che i visitatori ne amassero la bellezza, in modo da essere invogliati a tornare. La città, governata da una legge che può e deve essere sentita da tutti, s’integrerà poi, quasi automaticamente, nel territorio. Anche la norma deve derivare sempre dalla mediazione tra i desideri degli abitanti, come, ad esempio, l'esistenza di piccoli negozi nei quartieri, onde rendere la città vivibile e non costringere le persone a prendere l'automobile per andare nei centri commerciali fuori città. Infine, il nostro Presidente Incoming Mimmo Lasala ha chiesto se la norma sia un limite. E’ un problema di lungimiranza, ha risposto il Professor Amendola, lungimiranza che si ottiene studiando i desideri di tutti. Negli Stati Uniti si utilizza la cosiddetta “simulazione concertata”, che a mezzo di numerose riunioni, coinvolge esperti e fruitori, fino ad arrivare una mediazione globale d’interessi potenzialmente contrastanti. Da ciò si può dedurre che l'idea del bene pubblico è solo retorica, quindi ci si augura che anche nelle nostre città, così spesso imbruttite da costruzioni fatte completamente a caso, si riesca finalmente a pervenire a un’impostazione di programmi a medio/lungo termine che possano “restituire” la città agli abitanti, rendendola più vivibile.

 

Achille Cusani 13 giugno 2018

Stampa Email