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Nella vita incontriamo molte persone: con qualcuno non abbiamo nessun tipo di colloquio, altri invece ci colpiscono, in qualche caso a fondo, perché hanno esperienze e sensazioni da trasmettere. Questo è stato il caso di Gioacchino Barile, detto Nino, che è venuto a raccontarsi, invitato a farlo perché eravamo certi che avesse aspetti specifici e interessanti da illustrarci. E così è stato! Per inquadrare la persona, bastano pochi cenni di curriculum: nell'86, Nino diventa Perito Agrario all’Istituto Tecnico di Andria e poi svolge il percorso che leggerete, da lui esposto con grande comunicativa, per arrivare ad essere nel ‘95 il CEO della F.lli Barile, che si occupa di Import Export di fiori recisi. Nel suo percorso, oltre alle esperienze personali, ha anche arricchito il suo bagaglio culturale con diversi corsi di specializzazione: uno in tecniche di vendita, uno in direzione generale alla Bocconi e un altro, sempre alla Bocconi, sul management. Ma veniamo a quello che Nino ci ha detto di sè. La prima annotazione, molto simpatica, che ha fatto è che, essendo nato il 21 di marzo, doveva di certo dedicarsi a qualcosa di collegato con la primavera, una specie di predizione degli astri! Ma andiamo con ordine: il suo primo lavoro fu come procacciatore d'affari nell'ambito dei concimi organici. In pratica, come lui ha simpaticamente detto, ha cominciato dalla cacca. Ciononostante, ha messo a segno dall’inzio dei grossi successi personali, perché, avendo intuito la superiorità del concime organico su quello chimico, fin da subito riuscì ad ottenere eccellenti successi di vendita rendendosi così conto di avere un patrimonio nella sua abilità di gestirsi. Ebbe così l’audacia di lasciare un lavoro promettente e remunerativo per dare inizio, con poco, a un’attività nel campo della floricoltura a Terlizzi nel 1994: un gesto molto audace perché andò contro il vecchio detto “chi lascia la via vecchia per la nuova”…..
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Proseguendo nell'impostazione di coinvolgere il Club in situazioni internazionali e di ampio respiro, abbiamo avuto come graditissimo ospite il Prof. Domenico Fracchiolla che ci ha parlato di un argomento attualissimo: democrazia ed economia. Presentare il Prof. Fracchiolla non è semplice considerando il suo ricchissimo curriculum vitae. Basti dire che dopo una laurea in relazioni internazionali alla Luiss di Roma, ha intrapreso giovanissimo la carriera universitaria, conseguendo il dottorato di ricerca dell'Istituto italiano di scienze umane a Napoli e alla John Hopkins University di Washington e vincendo poi un assegno di ricerca presso l'Università LUISS Guido Carli di Roma. Egli è attualmente abilitato come Professore Associato ed è titolare di un corso d’insegnamento in “lobbying istituzionale” del master in relazioni istituzionali lobby e comunicazione d'impresa della Business School dell'Università Luiss di Roma. Presso la stessa università è professore incaricato di sociologia delle relazioni internazionali e docente di storia delle relazioni internazionali per il corso di preparazione al concorso per la carriera diplomatica della School of Government della Luiss. E’ autore di oltre 40 pubblicazioni e collabora con programmi di informazione e approfondimento televisivi e radiofonici. Inoltre, parallelamente alla carriera universitaria, collabora, con la sorella Donatella, all’attività professionale di Dottore Commercialista ed esperto contabile presso lo studio commerciale, fondato dal padre Umberto nel 1973 ad Andria. Infine, è componente del consiglio di amministrazione della Banca di Credito Cooperativo di Andria.
Presentato al Club dalla nostra amica Carla D'Urso, Assistente del Governatore, egli ha iniziato richiamando l’attenzione a una panoramica internazionale, nella quale si registrano turbolenze ovunque e crisi dovute a diseguaglianze crescenti, essendo strettissimo il collegamento fra il consolidamento delle democrazie e l'andamento dei mercati internazionali. Le variabili di crisi possono essere individuate in un decadimento dei valori della democrazia matura, che si esprime su quattro aspetti: la crisi della responsabilità (verticale, tra governanti e governati e orizzontale, tra organi istituzionali), il decadimento dello stato di diritto, i bassi livelli di responsività (la capacità dei governanti di rispondere alle domande dei governati) e la sempre crescente difficoltà delle politiche pubbliche degli stati democratici di tradurre la tensione verso i principi di uguaglianza e di libertà. Nel momento in cui il rispetto delle leggi di mercato viene meno, avviene uno scollamento tra la libertà e l'eguaglianza delle popolazioni, intesa come eguaglianza di opportunità e non di risultato. Ricordiamo che il pluralismo economico comportava la “middle-class democracy”: un modello rispettoso dell’economia di mercato, ma basato, almeno fino alle crisi degli anni ‘70 su un assunto sbagliato, l’inesauribilità delle risorse naturali, considerate infinite e al servizio dello sviluppo umano. La comprensione di questo equivoco a seguito delle crisi petrolifere del 1973 e del 1978, ha consentito l’affermarsi del tema dello sviluppo sostenibile e della lotta all'inquinamento. Tornando indietro nel tempo, per uscire dalla famosa crisi del ‘29, le democrazie più fragili e di recente formazione, si lasciarono tentare dalle lusinghe dei governi forti e accettarono regimi autoritari per condizioni di necessità. D’altra parte, la grande democrazia statunitense guidata dal Presidente Roosevelt, realizzò, tra le altre linee politiche di governo, il New Deal, il più grande piano di sviluppo e di investimenti pubblici adottato da un regime democratico. Negli anni ’70, la crisi economica e la recessione comporta la crisi dello Stato Welfarista, declinazione contemporanea dello stato Westfaliano che ne evidenzia gli ampi spazi di manovra della sfera pubblica, ed un attacco allo stesso liberalismo classico
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